Patrick Taïeb

L'air "da capo" dans l'opéra-comique de Dauvergne à Grétry (1753-1771)

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Abstract

Negli anni 1750 gli intermezzi napoletani servono da modello per i prototipi drammatici del genere opéra-comique senza vaudeville. La forma dell'aria col da capo diventa moneta corrente, perlopiù nel formato scorciato (dal segno), senza ritornello e senza il tutti: tali fattori vengono sentiti come un freno del ritmo drammatico. A partire dal 1759 i libretti di Michel-Jean Sedaine, che risentono l'influsso delle teorie drammatiche di Diderot e sono debitori del teatro di parola, sfruttano sì tale forma ma cercano di giustificarla alla luce della situazione drammatica, dunque vi fanno ricorso selettivamente, vuoi in scene monologiche, vuoi come medium comunicativo riservato ai protagonisti. Sempre più spesso il da capo è adattato alle esigenze della naturalezza e della continuità drammatica, e la sua veste musicale punta alla concisione, sopprimendo le ripetizioni di parole. Sono dunque il posizionamento nel decorso dell'atto e della scena, nonché la specifica efficacia in talune situazioni drammatiche, a determinare l'impiego parsimonioso del da capo, in seno a un genere operistico caratterizzato dalla varietà formale delle arie e dalla preferenza per le strutture più à la page. Nello Zémire et Azor di Marmontel e Grétry (1771) le arie col da capo sono ormai rare. La celebre aria di Zémire - il cosiddetto Air de la Fauvette - ne adotta sì la forma, ma per rendere in termini realistici la situazione specifica di un concerto: questo dato giustifica la meticolosa osservanza della forma ampia del da capo (AA'|B|AA'), in un contesto dove il ricorso al da capo si è fatto viepiù sporadico.

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